ACQUA SULFUREA: LA RICERCA SCIENTIFICA TRA FUTURO E TRADIZIONE

di Dott.ssa Mara A. Mascherpa
Dott. Attilio Menconi Orsini

“Forse per nessun farmaco, più che per le acque minerali in genere e per quelle sulfuree in particolare, si potrebbe formulare l’augurio che il dermatologo di Amburgo, Paolo Unna, esprimeva a proposito dell’azione dello zolfo sulla pelle, come chiusa a una sua monografia sulla terapia sulfurea: “Possa la Scienza colmare le lacune delle nostra acquisizioni teoriche per riguadagnare il vantaggio che su di essa ha la pratica!”.*

*CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE,
“Trattato di Idroclimatologia Clinica” diretto da M. Messini, Cappelli Editore Bologna, 1951

Le acque sulfuree sono note da secoli per i loro effetti benefici nella cura e nel mantenimento della salute del nostro organismo e la ricerca scientifica incentrata sul loro utilizzo nelle patologie croniche ha ormai ampiamente confermato ciò che i pazienti, ed i medici termali, conoscono e dichiarano sin dai tempi antichi.

La somministrazione delle acque sulfuree come bibita per via generale, o attraverso metodiche più localizzate (fanghi e bagni, cure inalatorie, irrigazioni vaginali) possiede azioni antinfiammatoria nelle patologie croniche, di stimolazione del sistema immunitario, mucolitica, di rinnovamento cellulare della cute e delle mucose.

Ma negli ultimi anni qualcosa di apparentemente rivoluzionario sta accadendo.
Poco più di un anno fa il Professor Robert C.Gallo, premio Nobel per le sue ricerche sull’AIDS, indicò l’idrogeno solforato, componente principe delle acque sulfuree, come molecola capace di influenzare positivamente le difese immunitarie; annunciò inoltre l’avvio di un progetto di ricerca in collaborazione con la FoRST (Fondazione per la Ricerca
Scientifica Termale), incentrato sugli effetti dell’idrogeno solforato negli stati infiammatori acuti e nella prevenzione della loro cronicizzazione.

Numerose altre ricerche sull’idrogeno solforato sono state pubblicate o sono in via di pubblicazione, e indagano sulle possibili azioni protettive e curative che questa molecola, un tempo studiata in campo internazionale solo per la sua possibile tossicità, ha su cellule, tessuti e organi.

Di fondamentale importanza è stata la scoperta che le cellule dei mammiferi producono una quota di H2S, o idrogeno solforato endogeno, il quale agisce come trasmettitore chimico tra una cellula e l’altra.

Queste prime rivelazioni hanno indotto i ricercatori ad approfondire la sperimentazione, per cercare di capire il ruolo dell’idrogeno solforato, i possibili effetti della sua carenza o eccesso, e la possibilità di agire dall’esterno per esaltarne le azioni benefiche.

È difficile riassumere in poche righe lo “stato dell’arte” della ricerca sull’idrogeno solforato, perché ogni giorno uno studio nuovo viene pubblicato, e nuove conoscenze, a volte contraddittorie, arricchiscono un ormai ampissimo ventaglio di possibili utilizzi terapeutici di questa molecola.

Per dare un’idea, seppur parziale, delle scoperte di questi ultimi anni, tenterò un breve riassunto:

Azione generale

L’idrogeno solforato è ormai considerato una molecola dall’azione modulatrice sulle funzioni cellulari, implicato nel garantire l’equilibrio delle funzioni fisiologiche del nostro organismo.

L’azione antinfiammatoria dell’idrogeno solforato è nota, e nuovi studi stanno cercando di capirne i meccanismi a livello cellulare e chimico, in modo da poter “costruire” nuovi antinfiammatori, composti da farmaci già comunemente usati e idrogeno solforato, per potenziare i benefici e minimizzare gli effetti collaterali.

Azione antiossidante

La vita dipende dalla respirazione cellulare, un processo di ossidazione.
Quando l’equilibrio delle reazioni in un organismo è compromesso, l’eccesso di ossidanti (radicali liberi) danneggia le cellule.
L’azione antiossidante dell’idrogeno solforato si esplica attraverso meccanismi di neutralizzazione dei radicali liberi, di modulazione della loro produzione e di promozione dell’attività di altri antiossidanti endogeni.

Azioni sull’apparato cardiovascolare

L’idrogeno solforato ha provata azione vasodilatatrice, induce quindi un aumento del flusso circolatorio.
Nuovi studi hanno evidenziato un effetto antiaggregante sulle piastrine, elementi del sangue indispensabili nella coagulazione. La coagulazione, processo fisiologico che evita la emorragia, in caso di formazione di trombi all’interno dei vasi, può portare a ischemie, infarti o emboli. Ha poi un’azione di regolazione delle funzioni dell’endotelio, strato di cellule che riveste internamente i vasi.

L’idrogeno solforato sembra anche promuovere la formazione di nuovi vasi.
Queste scoperte porterebbero ad individuare un ruolo protettivo dell’idrogeno solforato nei confronti dell’infarto e dell’ischemia coronarica.

L’idrogeno solforato avrebbe inoltre un ruolo importante nei meccanismi di regolazione della pressione arteriosa, evitando l’insorgenza dell’ipertensione.
Anche l’arteriosclerosi, determinata dalla formazione e deposizione di placche calcifiche a livello dei vasi, sarebbe ostacolata dall’idrogeno solforato, il quale agirebbe sia come antinfiammatorio proteggendo i vasi, sia impedendo la
proliferazione e la differenziazione delle cellule muscolari lisce delle arterie in cellule ossee.

Azioni sul sistema nervoso

Il tessuto nervoso è uno dei più ricchi in idrogeno solforato, il quale svolge il ruolo di neuromodulatore, in particolare a livello dell’ippocampo, che archivia la memoria e l’apprendimento.
Recentissimi studi sia in colture cellulari che in modelli animali sembrano conferire all’idrogeno solforato azioni di grande valenza terapeutica in molteplici patologie del sistema nervoso, sia traumatiche che degenerative (Alzheimer, Parkinson), anche in virtù della sua azione contrastante lo stress ossidativi, recentissimo uno studio sull’utilizzo di un’acqua ricca in idrogeno solforato in un modello sperimentale di Alzheimer, con ottimi risultati. È stata ipotizzata inoltre un’attività ansiolitica e antidepressiva.

Azioni su ossa e articolazioni

Le ossa sono costantemente soggette ad un’azione di rimodellamento, dove l’equilibrio tra cellule deputate alla distruzione addette alla ricostruzione del medesimo, garantisce un turnover di circa il 10% del nostro tessuto osseo, e con questo anche un miglior adattamento ai cambiamenti del nostro corpo.
Se le cellule addette alla distruzione superano quelle addette alla ricostruzione, si instaura il fenomeno patologico dell’osteoporosi, con indebolimento dell’osso, perdita di mineralizzazione, e possibili fratture spontanee.

Questo processo, accelerato nelle donna dalla menopausa, ma presente anche negli uomini, viene curata con diversi farmaci, ma con risultati scarsamente incoraggianti.

L’idrogeno solforato ha dimostrato in colture cellulari un effetto di protezione sulle cellule della ricostruzione, ed in modelli animali una vera azione terapeutica.

Vista l’azione antiossidante e modulatrice dei processi metabolici dei tessuti, l’idrogeno solforato sembra molto promettente anche nei confronti di un’altra patologia spesso invalidante, l’artosi.

Azioni sull’apparato digerente

è stata dimostrata un’azione protettiva dei danni da uso dei farmaci antinfiammatori (FANS), i quali, spesso indispensabili nelle patologie infiammatorie, hanno però effetti collaterali spesso gravi, quali l’ulcera gastrica.

Azioni sul diabete

L’effetto ipoglicemizzante delle acque sulfuree è noto; l’idrogeno solforato agisce stimolando l’insulina.
L’azione dell’idrogeno solforato appare inoltre molto attiva nelle gravi complicanze a carico delle arterie che colpiscono i diabetici.

Gli studi sull’idrogeno solforato necessitano di ulteriori conferme e di lavori clinici non solo su modelli in vitro o animali.

In particolare, l’utilizzo delle acque sulfuree, e non di farmaci H2S-donatori, che potrebbero avere effetti collaterali non auspicabili, potrebbe costituire una nuova frontiera della medicina ricca di opportunità anche per il termalismo italiano.